Le parole chiave delle ristrutturazioni sono più o meno sempre le stesse. Giochi di cifre, riassetto di uffici, mutamento di mansioni, disagio psicologico nell’affrontare la novità. 

Se c’è però un tema dominante è sicuramente rappresentato dal risparmio, dal contenimento delle spese, in altri termini dalla necessità di unariduzione estesa e generalizzata. 

Su questi termini, infatti, spesso si gioca la credibilità stessa delle aziende, soprattutto del management che le propone. E' difficile, infatti, accettare sacrifici, mutamenti sostanziali della propria condizione, lavorativa e finanziaria, senza capirne ed accettarne l’ineluttabilità, impossibile poi senza neanche intravederne un esempio positivo nei comportamenti di chi le propone. 

Le ristrutturazioni in Bnl (otto in tempo di proprietà francese) hanno avuto una caratteristica particolare, seppure in linea con il settore, rappresentata dalla circostanza che sono state sempre e soltanto pagate dai lavoratori. Il management che ha gestito le politiche commerciali (disastrose) che hanno condotto alle attuali condizioni di quasi dissesto della Banca, che ha condotto politiche scellerate in termini di assunzioni gonfiando gli organici di professionalità strapagate sempre pescate tra gli amici di cordata, non ha mai dato alcun segnale di discontinuità.Se in uscita, poi, non ha mancato di concordare e ricevere sostanziose buone uscite, così tanto da non perdere le buone abitudini... 

Nulla di nuovo sotto il sole, potremmo dire, molte buone intenzioni ma sacrifici, quando ce ne sono, che fanno solo da cornice alla sostanza che viene sempre richiesta alla gran massa dei lavoratori. 

Nella procedura di riorganizzazione tuttora in corso, le Organizzazioni Sindacali hanno richiesto ed imposto alla controparte aziendale, come pregiudiziale alla trattativa, un segnale netto di discontinuità col passato, che rappresentasse, in modo forte, il senso di una svolta in termini di sacrificio condiviso. 

 

Continuano le assunzione a «trattativa diretta» 

 

La risposta aziendale c’è stata, ad un livello alto, di vertice, perché ha coinvolto tutto il top management della Banca e in qualche modo ha fornito un segnale di discontinuità con il passato. 

 Spesso però il diavolo si annida nei particolari ed anche le intenzioni virtuose rimangono segnali isolati ed estemporanei se non sono accompagnate da una profonda revisione delle prassi aziendali e, soprattutto, da un robusto mutamento di cultura aziendale. 

In tema di assunzioni, soprattutto quelle a «trattativa diretta», la necessità di garantire alla Banca professionalità in grado di assicurare un salto di qualità manageriale, ha troppo spesso coperto, nel corso degli anni, una politica di inserimento di amici e conoscenti, la cui sola caratteristica era rappresentata dalla contiguità, come dire, relazionale con chi quelle assunzioni gestiva. 

Manager presentati come in grado di garantire un valore aggiunto rapidamente degradati a pesi morti, incapaci di decidere, spesso angosciati dalla responsabilità, in grado solo di aumentare il livello di stress dei colleghi costretti a sopportare il continuo scarico di attività e responsabilità al di fuori dei propri profili professionali. 

 

I cambiamenti continui del Workout 

 

Il Workout, già ufficio contenzioso, già Recupero crediti Bnl, attualmente Bpi, rappresenta il paradigma perfetto di quanto rappresentato… Ha vissuto tutte le ristrutturazioni «epocali» del Gruppo, ha cambiato management, organizzazione interna, inquadramento degli uffici e del personale, mutamento delle logiche e dei processi gestionali e, naturalmente, non ha potuto fare a meno di dotarsi dall’esterno di professionalità ritenute essenziali al raggiungimento degli obiettivi aziendali. 

Alcune di queste sono poi emigrate al di fuori dell’ufficio e della Banca (a mietere, immaginiamo, ulteriori successi professionali), altre hanno minacciato di farlo e sono state trattenute con sostanziosi (si dice) ritocchi delle proprie spettanze, altre ancora sono in attesa (sempre si dice…) di arrivare tra noi. 

Quello che, invece, non è mai cambiato è il criterio di gestione utilizzato per gli inserimenti dei nuovi responsabili. Le risorse interne, storiche, dell’ufficio sono ormai considerate come semplici zavorre, incapaci per definizione di rappresentare le nuove filosofie gestionali ed operative. I percorsi di crescita professionale sono garantiti a pochi fortunati, selezionatissimi per grado di fedeltà «feudale» ai capi e capacità di fare a capo chino ed in silenzio tutto quanto richiesto.

Perché poi ostinarsi a cercare all’interno le figure professionali di cui si ha bisogno quando si possono tranquillamente prendere all’esterno, continuando nella politica di delegittimazione e di svilimento del proprio personale? 

 

Arriva l’ennesimo capo «esterno» 

 

Non stupisce quindi la notizia del recente arrivo presso la struttura di un nuovo responsabile, del tutto inatteso e della cui necessità la struttura non ha ritenuto neanche di fare cenno nel progetto di ristrutturazione presentato. L’importanza del ruolo che il nuovo collega andrà ad assumere avrebbe probabilmente comportato la necessità di una spiegazione, o comunque di una condivisione più ampia mentre invece l’inserimento è avvenuto senza la minima trasparenza e solo in parte si è preparata la struttura alla novità. Non stupisce quindi l’aumento della confusione tra i colleghi, l’avvilimento di quelli che potevano - del tutto legittimamente - aspirare ad un passaggio di ruolo e la totale ambiguità di politiche gestionali che finiranno con accrescere la confusione, piuttosto che dipanarla. 

Confusione aggravata dalla circostanza che il nuovo collega gestirà (sembra) da Milano, un ruolo di coordinamento di un Ufficio radicato fino ad oggi in larga parte su Roma… 

Ci saremmo francamente aspettati, alla luce delle novità che la ristrutturazione sembra annunciare, un’opera di sensibilizzazione preventiva dei responsabili sulla necessità di garantire quelle condizioni di trasparenza e condivisione nelle scelte, di apertura alle necessità, professionali ma anche di vita, che non possono non accompagnare una riorganizzazione, definita epocale dall’azienda, che non può essere disgiunta dalla necessaria condivisione dal basso delle sue finalità. 

Solo in questo modo un sacrificio può essere compreso e fatto proprio, se condiviso e vissuto in un contesto che si adegua alla novità richiesta. 

Con le vecchie politiche non si crea futuro, si distrugge solo il presente.