Roma, 15 febbraio 2018. Sono circa 8 milioni 816 mila le donne, fra i 14 e i 65 anni, che nel corso della loro vita hanno subito qualche forma di molestia sessuale. Per avere un’idea concreta il dato è equivalente all’intera popolazione della Svizzera. In questi giorni l’Istat ha diffuso i risultati dell’indagine «Le molestie e i ricatti sessuali sul lavoro» e, anche se il fenomeno negli ultimi tre anni è in diminuzione, non è certo una notizia rassicurante!
I luoghi di lavoro dovrebbero essere posti sicuri, dove non ci dovrebbero essere violenze e ricatti, laddove si lavora e si svolge parte della nostra vita. Ambienti di produzione ma anche di socializzazione e di condivisione, che dovrebbero essere rispettosi della dignità umana. Invece, sono soprattutto centri di potere e come tali generano relazioni squilibrate, soprattutto perché comportano ruoli di sudditanza e subordinazione a danno delle donne che spesso li accettano per necessità, per paura, per clientelismo o per un po’ di potere personale. Accade sovente che la visione maschile basata sul potere sessuale sia introiettata dalle donne che non sempre riescono a prenderne coscienza e a ribellarsi.
Le vittime di molestie sessuali sono prevalentemente le donne ma anche gli uomini ne sono colpiti. Dall’indagine emerge, per la prima volta, che anche gli uomini sono oggetto di molestie a sfondo sessuale: 3 milioni 754 mila (18,8%) quelli che le hanno subite nell’arco della propria vita e 1 milione 274 mila negli ultimi tre anni (6,4%).
Sono gli uomini, in larga prevalenza, gli autori delle molestie a sfondo sessuale: lo sono per il 97% delle vittime donne e per l’85,4% delle vittime uomini.
Con riferimento ai soli ricatti sessuali sul luogo di lavoro si stima che, nel corso della vita, 1 milione 173mila donne (7,5%) ne sono state vittima per essere assunte, per mantenere il posto di lavoro o per ottenere progressioni nella carriera. Sono 167mila le donne che hanno subito queste forme di ricatto negli ultimi tre anni; al momento dell’assunzione ne sono state colpite più frequentemente le donne impiegate (37,6%) o le lavoratrici nel settore del commercio e dei servizi (30,4%). La quota maggiore delle vittime, inoltre, lavorava o cercava lavoro nel settore delle attività professionali, scientifiche e tecniche (20%) e in quello del lavoro domestico (18,2%).
La grande maggioranza delle vittime (69,6%) ritiene molto o abbastanza grave il ricatto subito. Ciononostante, nell’80,9% dei casi, le vittime non ne hanno parlato con alcuno sul posto di lavoro. Quasi nessuna, inoltre, ha denunciato il fatto alle Forze dell’Ordine.
Quest’ultimo è il punto su cui riflettere. Le vittime non denunciano per paura di perdere il lavoro, perché temono di essere penalizzate, perché rassegnate a subire e questo fenomeno si accentua in periodi di crisi in cui le certezze e la stabilità di un sistema sociale ed economico subiscono gravi colpi.
Sicuramente, le aziende sono chiamate a vigilare e intervenire in caso di denuncia ma soprattutto debbono impegnarsi a garantire l’integrità fisica e morale e a prevenire le molestie sessuali anche attraverso la diffusione di una cultura che si basi sul rispetto della dignità umana. La strada da intraprendere è quella di introdurre, come hanno fatto alcune grandi aziende private, oltre ai codici etici o di condotta, la figura del consigliere/a di fiducia.
Si tratta di un esperto chiamato/a ad affrontare il tema delle molestie (non solo sessuali) sui luoghi di lavoro e, di recente, del mobbing.
Il compito di queste figure di specialisti è quello di prevenire, gestire, risolvere efficacemente i casi di molestie, mobbing e discriminazioni in presenza di un codice di comportamento approvato dall’Ente o dall’impresa di riferimento.
Per contrastare il fenomeno delle molestie sessuali è fondamentale, oltre il ruolo della Consigliera di Parità territoriale, anche il ruolo del Sindacato per intercettare e tutelare quei soggetti che hanno minori difese e cercare di arginare una cultura del lavoro che fa dell’incertezza economica uno strumento per ricattare e intimorire i più deboli. Luisa Molè