Annunciata dagli inevitabili riferimenti alla difficile situazione aziendale e di settore, preceduta da una ristrutturazione che già annunciava lacrime, sudore e sangue per i lavoratori tutti, arriva la tornata annuale del premiante e chi si aspettava segnali, seppur minimi, di discontinuità o qualche piccolo, lieve, indizio di un mutamento dei criteri di attribuzione, rimane ancora una volta del tutto deluso.
Noi eravamo tra quelli che avevano auspicato l’avvio di una fase di gestione della relazione con il personale in linea con la discontinuità registrata negli accordi sottoscritti a dicembre 2016, soprattutto in tema di una più equa ripartizione dei sacrifici.
Del resto siamo tra quelli ancora convinti che un clima aziendale fondato sulla condivisione degli obiettivi e su una volontà di coesione e finalizzazione all’obiettivo, costituisca la migliore premessa per continuare a motivare le strutture e chiedere i sacrifici necessari alla ripresa aziendale.
Piaccia o meno, il riconoscimento dei meriti individuali costituisce un inevitabile corollario di questo tipo di strategia di attenzione verso i dipendenti, unito alla leva economica, quest’ultima non l’unica ma certamente, soprattutto in questo contesto, la più sentita.
Ancora una volta, invece, registriamo la persistenza di un approccio «feudale» al problema, che punta alla valorizzazione ulteriore delle sole risorse già ampiamente «fidelizzate» ai responsabili, con aperture verso situazioni diverse spesso puramente simboliche ovvero mirate a riparare situazioni gestite male in precedenza.
Insomma si è ancora una volta ampiamente ristorata la pattuglia dei fedelissimi, di quelli cui chiedere tutto e sempre «usi ad obbedir tacendo» e si è ancora una volta ignorata gran parte della platea dei lavoratori che, seppure nelle difficili condizioni di lavoro, aggravate dal persistere di processi operativi carenti, disegnati in astratto e quindi del tutto incoerenti con la realtà quotidiana, continuano a sopportare in larga parte il peso e le difficoltà del lavoro…
In questo scenario ci sembra che abbiano davvero poco peso le scarse situazioni di iniquità cui è stato posto un qualche rimedio che, seppure auspicabili e del tutto condivisibili, assumono in quest’ottica, il solo valore di mance simboliche.
Altra occasione persa, quindi, come già del resto avevamo avuto occasione di rilevare negli anni scorsi e come temiamo saremo costretti a rilevare ancora a lungo, se non sarà avviata, da parte aziendale, una seria riflessione sui meccanismi di attribuzione del premiante (non di sola quantificazione perché a quella ci pensano eccome, e sempre al ribasso…) che consenta di aggiungere ai meritevoli una platea di lavoratori più ampia possibile, come veicolo di motivazione ed attenzione.
Siamo consapevoli di non poter eliminare la discrezionalità dei criteri di scelta, che inevitabilmente connota quest’ambito, ma non possiamo non ricordare che la discrezionalità assoluta è destinata ad allontanarsi sempre più da un criterio seppur minimo di giustizia o equità per degradare inevitabilmente in arbitrio, ovvero in un atto di puro e sterile esercizio del potere.
Tutto ciò allontana i lavoratori dall’azienda, pensavamo che almeno questo fosse chiaro, ma come sempre, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…